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Vitaliana pensò che la non poteva schermirsi da quella visita, senza risvegliar sospetti; tanto più che aveva giusto allora letto un viglietto del signor di Lavandall, il quale le significava questo semplice motto:

«A stasera, madama!»

Non mai il duca di Balbek si era mostrato a sua moglie più gaudioso. Aveva quasi dello spirito! La sua eleganza respirava la felicità. Portava nelle pupille un’immagine a dimora fissa, sotto la forma di sorriso, che folleggiava nel suo sguardo e gli dava l’aria intraprendente.

Vitaliana n’ebbe paura, ed invocò subito alla riscossa un acciacco.

Non v’è che lo coscienze perverse che abbiano un sembiante sì festoso. Un manigoldo non retrocede innanzi all’idillio, se lo trova di suo pro. Il carmina proveniunt animo deducta sereno è una baggianata volgare.

Vitaliana, dagli occhi divaricati, cercò l’infamia sulla faccia di suo marito — come Otello cercava il bacio sulla labbra di Desdemona. Non vi scorse che l’ebbrezza della pace, e l’impronta del sentimento che il mondo non aveva per lui che delle rose!

La visita non durò che tre minuti.

— Si è sempre certi di trovare sua moglie, ahimè! — dicevasi il duca. Le Morelle sono, invece, come i giorni di sole nell’inverno dell’Inghilterra.

Il cervello di quella bella creatura, d’altra banda, avea, la vigilia, partorito di un’idea bizzarra. Vitaliana era dunque anch’ella felice.

Il dottore di Nubo si era guizzato col duca nella palazzina di Morella — il dì dopo della festa — per dargli calma, ed avvisare con lui al mezzo di scongiurare il pericolo. Però egli aveva, principalmente, voluto vederlo prima della ganza, onde impedirgli che affogasse in quel baratro tutto il prodotto della sua infamia.

Il dottore desiderava prelevar della somma un qual cosa per dare un pizzico di scudi ad ogni creditore, ed insinuar loro così la virtù della pazienza.

Riuscì.

Il duca udì ragione.

E’ prese 5,000 franchi per lui, ne lasciò 20,000 sul davanzale del caminetto di Morella, e rimise il resto al suo Mentore.