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contare sull’aiuto di lei. E’ si trovava dunque di nuovo solo d’incontro al duca.
Ora, occorreva, ad ogni costo, assicurarsi il concorso di Vitaliana. Laonde e rispose:
— I dolori reiterati uccidono; i grandi colpi ci mettono a prova. E’ non sarebbe mica dunque pietà sparmiarvi, duchessa — ora che siete sulla breccia della sventura. Ebbene, volete voi sapere ove va il danaro cui il duca ruba al giuoco?
— Se lo voglio! l’esigo anzi, principe — o, piuttosto, ve ne supplico.
— Avreste voi il coraggio di vederlo, voi stessa, degli occhi vostri?
— Io non so se ne avrò il coraggio; ma ne ò, certo, la volontà.
— Allora, domani sera, o dopo domani sera, o fra tre giorni — io non posso nulla precisare in questo momento — ma vi domando il permesso di scrivervi per indicarvi il giorno in cui, tra le undici e la mezzanotte, verrò a prendervi. Andremo... e vedrete.
— Posso condurre qualcuno con me?
— Se aveste vostro padre, vostra madre, vostro fratello, io vi direi: sicuro! Ma uno straniero ciancia, qualunque sia la sua fedeltà, se non un giorno, un altro. Ora, nel posto che occupa vostro marito, lo scandalo è sempre funesto. Del resto, voi siete libera.
— Voi avete ragione, principe; Dio ve lo renda. Io sarò pronta.
Il principe partì.
Vitaliana restò a meditare tutto il giorno.
Nè quel giorno nè il seguente ella non rivide suo marito.
Il duca era rientrato all’ambasciata per spicciare gli affari, e si era informato intorno a sua moglie. Ma, la prima fiata, Maria gli rispose che la duchessa era nel bagno e non poteva riceverlo; e la seconda, ch’ella era in sullo scrivere a sua madre, e non voleva essere disturbata.
Per sorte, il duca non chiedeva mica meglio che non contrariarla.
Il terzo giorno, però, ella lo ricevè.