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silenzio! Partite. Io vado ad impedire uno scandalo ed un clamore forse.

Vitaliana fuggì verso la porta, tremando di più in più, trascinando il principe. Questi fece chiamare la carrozza del duca di Balbek ed accompagnò la duchessa fino allo sportello, susurrandole all’orecchio:

— Per l’amor di Dio, signora duchessa, silenzio con chiunque — sopra tutto con vostro marito. Io accomoderò la cosa ed avrò l’onore di presentarmi da voi domani, per comunicarvi il resto.

Vitaliana fuggì, ringraziando il principe, degli occhi bruciati — perchè vi sono delle lagrime che rientrano ed appiccano il fuoco al cuore.

Ella andò a cercare asilo nel suo appartamento, chiudendosi a chiave.


Il principe di Lavandall ritornò al piccolo salone, giusto al momento in cui una scena delle più tragiche cominciava.

Il duca aveva una fortuna insolente. Aveva passato dieci o dodici volte, ed un monticello considerevole di luigi, di viglietti di banca, di gettoni, denunziava il suo successo. La vena continuava. Il vento gonfiava tutte le vele del suo naviglio conquistatore. Non restava più un soldo nè avanti nè in tasca dei suoi avversari.

Di un tratto, la mano del conte di Kormoff, a destra, e quella del principe di Storkine, a sinistra, afferrarono i due polsi del duca di Balbek e, levandosi, i due personaggi gridarono di una medesima voce:

— Signore, voi rubate!

Il duca di Balbek restò pietrificato. I suoi polsi non battevano più. La sua voce si estinse. Solo, il suo labbro inferiore tremolò.

— Noi abbiamo cominciato con dieci giuochi di carte. Ora andremo a contare quanti ve ne sono colà, poi a frugarvi. Se ci siamo ingannati, noi siamo a vostra disposizione per dimandarvi scusa o darvi soddisfazione dell’insulto.

Il duca di Balbek tacevasi sempre.

Lo sguardo del principe di Lavandall pietrificava a sua