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ai capannelli risplendenti di diamanti, di cordoni e di crachats.

Vitaliana proiettò il suo sguardo comprensivo nelle sale ch’ella traversò, ed infine, in mezzo ad un gruppo di attachés e di altri giovani gentiluomini alla moda, scorse il conte di Alleux.

Adriano arrossì.

Vitaliana impallidì.

Ma dessa continuò il suo andare, quasi avesse percorso la via sacra dei trionfatori.

Adriano non si mosse, avvegnachè si volgesse per nascondere l’itto di quello sguardo, che andava ad impiantarsi nel suo cuore.

Il nugolo di quei giovanotti si sciolse, e presero tutti a svolazzare intorno a Vitaliana, chi per salutarla, chi per invitarla a danzare.

L’era un bagliore, alla lettera, quell’insieme di bellezze, di fiori, di pietre preziose. Si vedevano dei flotti di gaze e di luccicamenti ondulare come i flutti ad ogni movimento, traversare come un vapore, scintillare come il mare, in quelle notti di luna piena quando questa si culla, la state, nel golfo addormentato di Bengala.

Vi si respirava due profumi divini: quello della donna e quello della giovinezza. Ogni salone era un mazzetto che rideva e cantava in mille spanti.

Vitaliana si staccava su quella bianchezza, iridata di tutti i fuochi dell’opala, come un fiocco di bianca nuvola sopra un cielo imporporato dagli ultimi baci del sole.

Pertanto, ella non aveva che una toilette di donzella: dei festoni di gaze grigio perla, rilevati da ciuffi di brughiera bianca, e dei fiori nei capelli. Ella non aveva neppur udito suo marito — il quale accusava Froment Maurice di mancar di parola per la nuova montatura dei suoi diamanti!

Quel seno nudo, quel collo senza ornamenti, quella fronte alta e pura scintillavano sotto quegli sguardi assetati. Si sarebbe detto che quel petto e quel collo si fossero impregnati delle perle e dei diamanti assenti.

Ella avanzava come un cigno sur un lago, e lo stormo dei giovanotti farfallava intorno a lei.

Il più sollecito a farsi presentare dal principe di Lavandall fu lord Warland. Egli le disse immediatamente: