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chè, quelle delicatezze non erano nè nello spirito nazionale, nè nel carattere, nè nell’educazione, nè nella tempera dell’anima del giovane diplomatico.


«Madama la contessa, il vostro notaro, maitre Tressard — via di Provenza, 54 — mi à favorito or ora l’indirizzo del vostro hôtel, e mi apprende che voi vi pranzerete stasera. Volete voi, madama, farmi l’onore di serbarmi un posto alla vostra tavola? Avrei gran piacere di baciarvi la mano — ed è la sola ora della sera di cui posso disporre. Tolgo ad imprestito il vostro coupé per andarvi a pigliare.

"Ai vostri piedi, madama.

"Carlo de Balbek."


Leggendo questa lettera, un sorriso raggiante illuminò il sembiante di Morella. Quell’ouate di acciaio sembrava tocca!

Era forse l’interesse? Mai no. Era l’artista che godeva del suo trionfo. Era l’amor proprio che cantava nel suo cuore.

Divinità terribile! delle vittime umane s’immolano sul tuo altare.

In quell’istesso istante, la cameriera entrò e le rimise una lettera di Sergio di Linsac — imprudente per un aspirante diplomatico — in cui egli rispondeva con queste due parole sinistre:


«Continua. Sempre innanzi, e non guardar indietro a te. Ecco tutto.»


— Sempre innanzi! — mormorò Morella lentamente. Fino al bagno o alla pistola del suicidio? Sia. Bah! Non è desso un assioma convenuto che noi altre siamo delle infami?