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D’altronde, tutto era stato preparato con squisita scienza: l’incontro, l’attitudine di Morella, il desiderio acuminato dell’emulazione, il dispetto spronato dal disdegno, la gelosia distillata prima dell’amore. Quel cavaliere, che sembrava tutto armato d’acciaio e si credeva corazzato, si sentiva d’incontro ad una spada che forava le sue ferraglie come un corpetto di velluto.

Molte volte egli aveva, per lo innanzi, abbrividito — sospettando di essere stato preso in una rete infernale di amore — ma aveva poscia guizzato infra le maghe.

Eccolo adesso nella rete agli anelli di ferro di Vulcano, dalla quale Marte istesso non si spastoia.

Riassumiamo.

Quel diplomatico d’avventura giungeva a Parigi ingenuo; con delle idee ingenue; disarmato; al disotto del suo ufficio; il capo zeppo di illusioni. Delle donne spossate si erano servite di lui per attingerne una trasfusione di sangue giovane ed ossigenato, e lo avevano svaligiato dei suoi sensi. Dopo questa prova, e’ si trovava: il corpo assopito, l’anima esaltata, la devastazione nello spirito, il vuoto nel cuore, adorando sua moglie come una madonna, a ginocchio innanzi ad una cortigiana che lo acciuffava della mano glaciale della fatalità.

Il duca di Balbek fece a Morella tre visite. Ebbe con lei tre lunghi colloqui — ove la sua esaltazione, un po’ teatrale da prima, aveva finito per pigliar le proporzioni della demenza.

Morella non l’incoraggiò, ma lo disperò — facendogli leggere i biglietti che il principe di Lavandall le scriveva, tre volte al dì, dichiarandole che l’amava... a credito illimitato!

Alla fine, essa capitolò e disse:

— Voi lo volete, signor duca? sia pure. Ma ascoltatemi e ricordatevi questo qui.

— Se me ne ricorderò!

— Io ò dei bisogni di regina. Amore, piacere, ambizione, aspirazioni, lusso, follia... io sento tutto, do tutto, impongo tutto, esigo tutto senza limiti. Chi vuol di me, deve essere tutto a me — che io lo inabissi nel baratri o che lo innalzi nel cielo. Avete voi delle ali, signore? Io mi chiamo vertigine. Io non conto col tempo. Di tutte la cose, io addiziono l’intensità.