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l’indossa degnamente anch’egli? Sarebbe una cattiva azione maculargli la veste d’armellino ch’egli porta così fieramente. Allora, a che pro i rimpianti, i desiderii, le allucinazioni di quel guanciale — sul quale si poggia la testa facendosene un Taborre, e cui si lascia bagnato di lagrime? L’adolescenza non conta: l’è un fiore strano e qualche volta ridicolo, che stuona nel mazzo dei fiori della vita. La si abbevera di Santo Padre, di padre Lacordaire, di abate Lammenais, di Sacro-Cuore, di S. Luigi di Gonzaga, di S. Questi, di S. Codesto... Fortunatamente che quella roba è bruttissima, orridissima, a che vi si può sostituire ciò che si è visto in casa di sua madre, ciò che si vede talvolta di qua e di là. Sii sicuro, Adriano, che vi à mica male di uomini nel mondo che debbon essere forse in collera contro il Sacré-Cœur. Ma dove mette capo tutto ciò? Ad un marito!! Il marito è il diamante nel monile delle donne. Io conosco pertanto delle gonze che preferiscono il fiore.

— E cosa l’è il fiore, nel monile, nell’addobbo di una donna?

— L’è il sogno che non si realizzerà giammai — perchè l’è il vitupero. Ora, togliete ad una donna il rispetto, e voi avrete tolta l’aureola a Dio. L’immagino diviene statua o quadro. Ma io ritorno al tuo saione di chierico, monsignor d’Alleux. Perchè l’ài tu gettato alla fiumana?

— Io riprendo la mia ipotesi. E se il tuo zibellino fosse contaminato? Se tu t’imponessi una idolatria che è una ciurmeria? Se l’idolo cui tu credi di alabastro, fosse di mota? Se il ricovero, che tu reputi una chiesa, fosse una taverna? Se altri non venerasse l’alleanza, il nome, il contratto, il dovere che tu veneri? Se tu fossi la Vestale di un satiro!... Vediamo... l’è un’ipotesi, bada...

— Tu ài avuto torto, Adriano, di non restare abate! Tu insinui il veleno nel cuore con tanta unzione...! Che vescovo saresti tu riescito!... Ebbene, io sono la mia propria Vestale. Io mi sono formato un empireo che à forse altresì dei nugoli; ma io chiudo gli occhi per non seguirli nel loro saltabeccare fantastico. Che il mio idolo sia d’oro o di selice, io non consumo il suo altare — e per fortuna e’ non mi fatica esigendo le mie preghiere. Tu vieni a vedermi, dopo due o tre anni di ecclissi — seminarista