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umili sudditi di mettere ai vostri piedi la sua sincera divozione.

— Vedi mo’! e’ sembra che il signor duca abbia un dizionario secondo le latitudini parigine: la creatura dei Bouffes è regina qui! Cosa sarei nel mio palazzetto, signor duca?

— Permettetemi che vada a dirvelo, ed a farvi le mie scuse.

— E perchè no qui? Il signor di Lavandall è buon giudice.

— Io sono troppo vecchio, madamigella, per entrare in questa mischia. Non si corre più quando si à la podagra. Siete voi fortunato, signor duca!

— Adagio, signore, adagio, non cercate svignarvela. Io sono pigra, io: amo la podagra.

E dicendo ciò, Morella salutò leggiermente il duca di Balbek — il quale restò pietrificato — e condusse il principe nel giardino. Ma cinque minuti dopo, rientrarono, e M. di Lavandall le presentò il conte di Kormoff suo amico.

Morella si assise sur un canapè, con il conte, vicin vicino al duca di Balbek, cui volse il dorso.

— Parola d’onore, madamigella — disse il conte rispondendo ad una dimanda della giovane donna — il freddo di Siberia è un pregiudizio europeo. In ogni caso, io m’impegno a percorrerla, senza pelliccia, in toilette da ballo, in pien gennaio, se voi siete a fianco a me.

— E si dice che i Cosacchi sono dei barbari! ma essi fan quasi quasi dei madrigali. Gli è vero che il signor conte non è ambasciatore di un re, per avere il diritto di essere insolente — soggiunse Morella a voce alta.

Il signor di Balbek si contorceva e taceva.

Morella riprese il braccio del principe di Lavandall, per fare un giro nella sala di danza.

Il duca si alzò anch’egli e la seguì lentamente, di lontano.

L’ambasciatore di Spagna, che si trovava a fianco a lui con la Polacca, gli disse sorridendo:

— Caro duca, il Russo vi dà scacco e matto: lasciate la partita.