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Si danzava già in un salone.

In un gabinetto, taluni, fra cui il dottore di Nubo, giocavano al baccarat a tutto vapore.

Sotto il pretesto del caldo e della folla, una mezza dozzina di odalische — le men belle, tariffate al di sopra dei 60,000 franchi l’anno — si erano ritirate in un altro salone che dava sul giardino. Una dozzina di uomini — i quali avevano quasi tutti passato il capo fatale dei quarant’anni — folleggiavano intorno a quelle bellezze — alle quali madama Thibault li aveva presentati.

Il duca di Balbek trascinava uno sguardo noncurante su quello splendido mazzetto, meditando un attacco sopra una magnifica Polacca, la quale, a sua volta, lo avviluppava del suo sorriso. Il principe di Lavandall stuzzicava i lunghi ricci neri di una giovine miss irlandese, che aveva l’aria innocente di Eva nel paradiso.

In quel momento si udì nei due saloni una specie di brulichìo? paragonabile a quello della brezza nelle foglie della foresta.

Tutti gli sguardi si volsero verso la porta.

Era Morella che entrava, e madama Thibault che si precipitava al suo incontro.

L’effetto, l’ò detto, fu completo.

Il primo che sollecitò a dimandare di essere presentato, fu il principe di Lavandall. Il duca di Balbek, che l’aveva riconosciuta, e si rammentava la scena agl’Italiani, arrossì.

Morella fece vista di non scorgerlo.

— Ahimè! madamigella — le susurrò il principe — ora che vi vedo, rimpiango di non essere la fortunata vittima che i vostri sguardi debbono immolare.

— Che ciò non vi arresti, mio principe — disse Morella ridendo; io sono di forza da farne due delle vittime.

— Non si potrebbe trovare un modo di transazione, madamigella?

— Oh! no, caro principe. Non v’è che i piccoli bancarottieri che transigano. Io, io fo saltar la banca, netto, o pago a cassa aperta.

La padrona della casa presentò il duca di Balbek.

— Madamigella — disse costui — v’ànno salutato, entrando, del nome di regina. Permettete ad uno dei vostri