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mio segretario, il quale vi darà un embrione di articolo, cui ricamerete in guisa da non vedervisi che scintille; in sostanza, nè cane nè lupo. Debbo dirvi, a questo proposito, che si è contenti di voi, e che lo Czar legge i vostri articoli. La vostra pensione sarà aumentata.

Il signor di Linsac s’inchinò.

Il principe continuò:

— Vi associo ora alla soluzione di un problema, cui il conte di Nesselrode mi propone, o, meglio, cui il nostro ambasciatore a Roma à posto.

— Diavolo! Ed io che sono così smilzo matematico! — sclamò Sergio, sorridendo.

— Ed io dunque? — riprese il principe. Ma insomma, il problema dato, bisogna pure risolverlo. Ecco di che si tratta. L’ambasciatore d’Austria a Roma possiede, non so come, tre documenti, di un valore incalcolabile, cui la Corte di Torino vorrebbe avere. E’ sembra si riferiscano al modo con cui Carlo Alberto arrivò al trono, a detrimento del duca di Modena. L’ambasciadore di Sardegna a Pietroburgo à interessato lo Czar all’acquisto di quelle carte, e Sua Maestà Imperiale ne à incaricato il suo ambasciadore a Roma. Voi vedete chiara la cosa, n’è vero?

— Perfettamente.

— Bene. Ora, come vi condurreste voi per ottenere quei documenti? Per alcuna considerazione al mondo, l’ambasciadore d’Austria non vorrebbe disfarsene.

— Ma! se egli non vuole darli, io non veggo che un mezzo: pigliarglieli.

— Alto là, signore! — sclamò il principe aggrottando. Cedesti procedimenti sono buoni per quei governi di mascalzoni che voi chiamate parlamentari, e per quei ministri saltimbanchi che vanno a farsi assolvere delle loro stoltezze e delle loro infamie da quella masnada d’idioti cui voi addimandate una maggioranza. Maggioranza! Poffardio! come se in questo mondo la scienza, la probità, l’onore fossero la dote del più gran numero, e l’imbecillità una anomalia minima! I piedi valgono dunque meglio della testa, perchè son due, mentre la testa è sola?

— Cosa volete, principe mio, — sclamò Linsac sorridendo, — quei gnoccoloni di Inglesi ci ànno importato ciò...