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eleganti. Entrambi infine odiano profondamente, squisitamente — ed odian forse lo stesso uomo: l’assassino vero di Regina! Ed entrambi dissimulano quell’odio con la precauzione sinistra di una donna di trent’anni, cui si derubò del suo amore.

Per gl’Iddii! pazienza, mio principe; pazienza, mio Proteo! il dottor di Nubo non à forse neppure sessant’anni!


A quest’ora il signor di Linsac veniva a dimandare la sua parola d’ordine, per non so quale polemica cui aveva impegnata in favore della Gallizia e di Cracovia.

— Arrivate a proposito, signor di Linsac — disse il principe. O’ qualche cosa a chiedervi. So che posso contare sulla vostra discrezione.

— Lo potete, principe mio. Ma voi sapete altresì che io amo poco le confidenze, le quali sono come le macchie di olio: si spandono e si tradiscono sempre da sè sole!

— Non temete nulla. Non è mica una confidenza che io vi fo; è un consulto che vi dimando. Non siete voi ancora romanziere, fra linea e linea, bordeggiando fra il diplomatico dell’avvenire ed il pubblicista di oggidì? Ma, da prima, prendete quei due giornali su quella sedia. Leggerete ciò che è segnato all’inchiostro. Vi risponderete, aggiungendo: che, quantunque dato dal Journal Français de Francfort e dalla Gazzetta d’Augsbourg, voi avreste della pena a credere a quelle notizie, se, trattandosi di una perfidia, la mano del principe di Metternich non vi fosse mischiata.

— Quel caro principe! m’à fatto rispondere al mio ultimo articolo dal signor di Gentz: che per lo innanzi, la Russia aveva dei giornalisti assassini — i quali uccidevano una reputazione — e che adesso la assolda dei facchini — i quali marciano pesanti nella melma ed inzaccherano le genti.

— E voi avete risposto?

— Che non s’inzacchera l’oro. E tutte le Corti d’Europa sanno che il principe di Metternich non è che un luigi di oro!

— Alessandro ne sapeva qualcosa. Napoleone ed il re di Napoli essi pure. Vada! Voi passerete in seguito dal