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il suo giornale Les Deux Europes: perocchè vi sono dei rimorsi gentiluomini.

Il fatto è, che il demone dell’ambizione aveva acciuffato M. di Linsac, e che egli voleva arrivare ad ogni costo, arrivare a tutto.

La fortuna del signor Thiers lo aveva abbarbagliato. Voleva dunque esser deputato, pari, ministro, ambasciatore, tutto ciò che la sua ardente immaginazione di romanziere gli pingeva come una sorgente di ricchezza e di piaceri. Si era gittato perciò a corpo perduto nel giornalismo conservatore.

Il signor Guizot lo pagava e sprezzava largamente. Si serviva dello stile pomposo e vuoto, della coscienza senza fede, del cuore senza principii di questa spugna politica, per coltivare la parte più ignominiosa della sua politica secreta. Era però pronto sempre a spezzarlo, se la necessità lo imponeva, dicendogli: Vi ò pagato per codesto!

Come il principe di Lavandall, il signor di Linsac è adesso un po’ calvo sul vertice della fronte, cui le rughe delle cure, delle brame, dell’ambizione, dei disinganni invadevano. Come il principe, egli à preso quel certo impinguare, cui danno l’età, il comodo, un poco di pigrizia, la vita molle, le amiche rinnovellate a punto — da tenere il desiderio in piedi senza la pena degli stimolanti, cui la calma dei sensi e la saturazione dei piaceri spiegano. Come il principe, egli aveva acquistato quella pallidezza che segue al serio del pensiero — quella pallidezza sana che indica il lavoro dell’anima, non quella pallidezza mordace che ne indica la combustione e la rovina. Come il principe, egli aveva l’occhio spento, il labbro inferiore un po’ abbattuto, qualche grinza intorno agli occhi, la barba rasa — tranne i baffi — i movimenti gravi.

L’uno e l’altro portavano la testa alta, guardavan dritto innanzi a loro, ascoltavano bene, stavano in guardia, parlando. Come il principe, il signor di Linsac scherza col sorriso — quello spasimo che implica nelle sue pieghe Dio e Satana — le due metà, o piuttosto le due facce del Tutto.

Entrambi sono graziosi e falsi, seducenti e perfidi, pensan nero e dicon rosa — ciò che non li impedisce di esser generosi, sempre gentiluomini — anche nel vizio — sempre