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Il silenzio della voce umana era completo. Il brulichìo indistinto della natura era un narcotico. Sul loro capo, le tortorelle, poco pudiche e poco intimorite, ricambiavano dei lunghi, lunghi baci. La freschezza soave ed imbalsamata insinuava il languore.

Il duca si assise a fianco di Bianca.

Ella impallidì.

La sua respirazione divenne a balzi. Le sue labbra si scolorarono. Le sue narici si dilatarono. I suoi occhi si velarono come il cielo negli istanti che precedono la bufera. Sembrava accasciarsi. Il sonno la guadagnava. Avrebbe voluto levarsi; ma quello sforzo la ravvicinò al duca, che si era collocato ad una certa distanza, discreto.

— Il mio ducato per un tappeto! — sclamò costui di una voce velata.

Bianca sorrise.

La di lei testa s’inchinò sulla spalla di Balbek, che si abbassò.

Gli aliti si confusero. Gli occhi si chiusero. I capelli dell’una sfioravano il viso dell’altro....

Come ciò avvenne? Per quale contorsione di collo ebbe ciò luogo? Nol so. Ma la bocca dell’uno si trovò contro la bocca dell’altra.

Bianca dormiva.

Le loro labbra tremolarono. Un rumore sordo, come una foglia di rosa che si squarci, ne seguì. Quelle due bocche restarono così a ricamare, per tutto il tempo che l’assopimento di Bianca durò.

Infine, ella si svegliò in sussulto e gridò:

— Guarda! io ò dunque dormito?

— Altezza, sì — e profondissimamente ancora!

— Fa sì caldo! si sogna in piedi. Ed io credo di aver sognato...

— Delle cose spaventevoli, Altezza?

— Non so. Siete voi poeta, duca?

— Che! vi sarebbero ancora dei poeti, dopo che non vi sono più delle Margherite di Scozia?

— Come! Vi sarebbero ancora degli Alain Chartier, che meritino di essere baciati sulla bocca dalle principesse... attempatelle?

— Io credo, Altezza, che qualunque uomo che dica ad