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— Ma voi obliate, dunque, che io ò per le mani un’Altezza, una figlia di re, una principessa del sangue.
— Tu puoi anche aggiungere la fidanzata di un re. Ma, silenzio! Questo l’è un segreto di Stato cui ti rivelo, conosciuto adesso unicamente da S. M. e da me.
— Eccomi allora più domestico che giammai!
— Comincio ad accorgermi che ebbi torto di indicarti per codesto posto superbo, perchè tu sei un vigliacco o un imbecille.
— Ed io comincio a comprendere che voi non dite tutto ciò che pensate, e che gironzate attorno a qualcosa.
— Io non gironzo, ma cammino dritto. La principessa Bianca è bellissima. Non vi è dunque nulla da stupire che la si dimandi in matrimonio, e che perfino dei pretendenti slombati ed affranti si mettano su i ranghi. Un cavaliere di compagnia che avesse dello spirito potrebbe, in una situazione simile, far molta via. Gli è un gironzare questo?
— L’è peggio che un gironzare: l’è un affondarsi. Ed innanzi tutto, mi parlate voi da zio, in questo momento, o da ministro di S. M. Claudio III?
— Come tu voi. Ma ponghiamo che io ti parli da ministro, non fosse che per obbligarti al secreto: che conclusione ne cavi tu?
— Allora, io prego Vostra Eccellenza di farmi l’onore di darmi delle istruzioni precise; perocchè, che io capisca o no, sono deciso a non capir così subito.
— Meglio vale allora che io faccia rivocare il decreto, e che lo intitoli a qualcuno che abbia intelletto più svelto.
— Prego V. E. di riflettere ch’e’ non trattasi qui di una quistione d’intelletto, ma di una consegna. Se io mi determino ad operare per mio proprio conto, vedrò cosa avrò a fare. Se debbo funzionare per conto altrui, ò il diritto, mi penso, che mi si spieghino gli ordini.
— Ai tempi miei, i giovani non facevan mica tante moine par piacere alle belle giovinette. Ed ò anche visto, quando ero in Russia, dei belli e forti garzoni mettersi a subbisso per acchiappare un sorriso della vecchia Tzarina. È vero che noi eravamo allevati allora dai gesuiti, e che oggi sono dei pedanti che vi abbrutiscono in