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Sua Maestà credette di aver mal compreso e fece chiamare il principe di Celle, suo ministro degli esteri, a cui la comunicò, non senza qualche esitare — quantunque il principe fosse un vecchio e fedel servitore della sua casa.

La conferenza tra il re ed il ministro durò parecchie ore, ma nulla ne traspirò.

La sera, S. M. fece venire nel suo gabinetto sua figlia — la principessa Bianca.

Il dì seguente, il principe di Celle chiamò nel suo il duca di Balbek suo nipote.

Claudio III era un uomo precocemente caduco.

Sempre malescio, sempre uggioso, sempre bisbetico, sorrideva di raro, benchè avesse il sorriso grazioso. Parlava pochissimo. Molto crudele, perchè divoto — divoto, perchè crudele.

Claudio III simulava e dissimulava come un lacchè — tanto e’ temeva di cessare di esser padrone!

Sua Maestà amava molto i suoi figli — quantunque e’ si avesse tutte le ragioni per dubitare della sua paternità assoluta.

Aveva sempre paura: di sua madre — che aveva provato di avvelenarlo; di suo fratello — che aveva voluto cacciarlo dal trono; del suo popolo — che covava una rivoluzione; di sua moglie — di cui contrariava le inclinazioni; di suo cugino — che ruminava cercargli briga; dei cospiratori — che tramavano contro la sua vita; della malattia — che lo teneva sempre sotto la sua punta. La sua gioia, adunque, era in far dei meschini.

Aveva nondimeno il sembiante dolce, la parola lusinghiera, le maniere graziosamente squisite, un tantin di spirito, ed era mastro nell’arte del tornire in legno1.

— Figlia mia — disse egli alla principessa Bianca la sera, quando la gli ebbe baciato la mano — ò dovuto contrariarti in questi ultimi giorni nel tuo divertimento favorito, perchè tu avevi cagionato dei malanni. I miei imbecilli sudditi capirebbero, senza fiatare, che venti mila di loro perissero in una battaglia. Essi non saprebbero persuadersi che una principessa possa, per sbaglio, uccidere

  1. Si direbbe, a questo ritratto, che si tratti di Francesco I di Napoli.

    (N. dell’Editore)