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— Ciò potrebbe esser vero — rispose il principe, lentamente, scandendo le parole ed inchiodando lo sguardo sullo sguardo impassibile del dottore di Nubo. Poi soggiunse:

— Dottore, volete voi fare un giro di passegita pel giardino? Datemi il braccio.

Il sembiante del dottore restò sereno, ed il suo cuore battè di soddisfazione.

E’ non aveva raccontato l’aneddoto del conte di Perceval per nulla. Quella parabola significava: i tempi sono maturi; io sono pronto: finiamola!

E si rigioiva, accorgendosi che il principe l’aveva compresa così.

Il dottore possedeva infine questo metodo — questo metodo ch’egli cercava da tre mesi.

Poi, egli aveva premura. E’ doveva recarsi in Svizzera. Aveva perduto una trentina di mille franchi al giuoco, al club. Aveva sottoscritto per un certo numero di azioni in un’intrapresa di scavi di carbon fossile, che prometteva molto. Aveva insomma bisogno di danari.

Gli onorari della sua professione lo facevano vivere come un nabab. Ma quelli onorari — che formavano una bella somma alla fine dell’anno — arrivavano gocciolo a gocciolo.

Ed il dottore abbisognava di centomila franchi in una manata.

Ora, non si dà una tale somma per ricuperar la salute. La si dà per un delitto.

— Un delitto!... l’è un metodo. Val desso la pena per darsi moina?

Facendo queste riflessioni, vedendo di già le sue mani nei scrigni del principe di Lavandall, il dottore di Nubo l’accompagnò nel giardino.

Faceva ancor tepido. Vi erano ancora abbastanza fiori, insetti, uccelli, per distrarli... per ascoltarli forse. Il principe s’intromise sotto una volta di pampani violetti che copriva un viale finamente sabbiato. Di un tratto, e’ si fermò.

Il dottore irradiava internamente.

— Conte di Nubo — disse il principe — vi sentite voi capace di parlarmi francamente, da gentiluomo e non da dottore, che si crede obbligato di adoperare la speranza