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Ma in Francia non era esattamente come nel fondo di una provincia russa, in un castello, innanzi la porta del quale la legge rincula, ove il padrone à, di fatto, dritto di vita e di morte.

In Francia si è permalosi della forma... si mette una bilancia nella mano della giustizia — affinchè dessa pesi bene quanto vale il ricco e quanto poco vale il povero! Si dice che la legge è cieca. Cieca è dessa: perchè segue un cane, il quale sa bene di qual dente morder la carne e di quale l’osso.

Il principe non aveva d’uopo di andare in busca dello strumento che doveva compiere la sua bisogna. Lo aveva sotto la mano — semplicissimo, destrissimo, opportunissimo: voglio dire il dottore di Nubo.

Non trattavasi che di trovare un metodo.

Chi cerca, finisce sempre per trovare.

Ma il principe aveva fretta: e’ soccombeva sotto il peso della sua anima! Ed il dottore non ne aveva punto, perocchè, per lui, non solamente il tempo era oro, ma era pure un parafulmini.

Gli era questo, del resto, il solo punto di discordanza tra questo cuore e questo cervello malati.

Eppure, nè il principe, nè il dottore non aveva profferto un sol motto sull’obbietto!

Vi era compenetrazione di spirito: ecco tutto.

Se Maud fosse stata una donna italiana, la avrebbe provocato una spiega. Se fosse stata una francese, l’avrebbe fatta capitare. Donna essenzialmente inglese, la si taceva e moriva.

Non è che la non formasse il progetto di abbordare un giorno con suo marito lo scandaglio della loro esistenza. Ogni notte, nelle sue interminabili insonnie, suffuse di lagrime, ella dicevasi: Domani parlerò!

Infatti, la dimane arrivava; Maud aggiustavasi per quanto bella poteva; sforzavasi di risuscitare il sorriso sulle labbra diciannovenne, ed andava a picchiar all’uscio del principe.

Abitualmente, non era ricevuta.

Ma, una volta sopra dieci, l’inesorabile Russo l’ammetteva alla sua presenza.

All’aspetto di quell’uomo, la parola spirava sulle labbra di Maud, il sorriso tramutavasi in singhiozzo.