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Ora, quale non fu il suo stupore quando, un giorno, suo fratello le disse:
— Doh! la bella, tu non sai?
— Che mò?
— Indovina.
— Il papa à partorito.
— Ciò si è visto. Meglio ancora che codesto, birbaccia.
— Oh! oh!
— Io ti dò marito.
— N’era tempo, m’immagino.
— Forse. Ma, che mi affoghi, Satana! se tu avessi aspettato ancora dieci anni non avresti trovato di meglio.
— Lasciamo i se avessi ed avresti, e parla tondo. Con chi mi mariti tu? Con Pasquino?
— Ambiziosa! Sali ancora.
— Fino a che piano?
— Scendi al primo.
— Ci siamo. Con chi dunque?
— Col principe di Lavandall.
Aurora scoppiò in un immenso scroscio di riso.
— Gli è pertanto vero, giuro a Dio! — sclamò lo scultore. Quell’originale, mica più tardi che stamane, à avuto l’onore di dimandarmi la tua mano.
— Destra o manca?
— Ti porti il diavolo.
— E tu?
— Io ò risposto che tu eri la più milensa artista di Roma.
— Insolente. Ed egli?
— Egli à replicato... Indovina.
— Peste sia del tuo indovina! — scoppiò Aurora.
Vi era nello studio un pezzo di specchio. Madamigella Aurora lo avvicinò con grande serietà agli occhi suoi, e, dopo aver contemplato per alcuni secondi i suoi lineamenti stupendi, soggiunse, di un’aria fra il serio ed il comico, imitando la voce del principe:
— E perchè no, al postutto? Egli à risposto: madamigella Aurora è la più milensa artista, voi dite, signore? Io me la fumo! Ella è, in ogni caso, la più bella fanciulla di Roma.
— Alla lettera, sillaba per sillaba! — sclamò lo scultore.