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— E secondo?

— Secondo, di vivere affatto libero e padrone delle mie azioni. Io so chi sono e dove vado.

Queste dimande parvero strane, sopratutto al padre Toufferel — il quale governava la testa ed il cuore della principessa, oltre la coscienza di lei.

Si oppose un rifiuto perentorio.

Il giovane principe ricusò a sua volta di ricevere ulteriormente il gesuita, e protestò a sua madre che non si sarebbe recato a Pietroburgo che trascinato dalla forza.

— E perchè?

— Perchè io non voglio disobbedire, come voi disobbedite, madama, ai desiderii, agli ultimi ordini di mio padre e del vostro marito e signore.

Quest’attitudine colpì la principessa, e diede a riflettere al gesuita.

La principessa — che andava alla corte per godere della sua libertà — vide di uno sguardo ch’ella vi menerebbe seco un testimone uggioso delle sue azioni, e più tardi — quando il giovine principe avrebbe raggiunto i suoi diciotto anni, età determinata dal padre per la maggiorità di lui — un padrone severo.

Si lasciò dunque piegare.

Il gesuita calcolò più freddamente: che valeva meglio conservare la direzione della donna che l’educazione del garzone refrattario.

E Pietro partì per la Germania, il giorno stesso in cui sua madre ed il confessore partivano per Pietroburgo.


La vita del buchschaft esercitò sopra Pietro come un incanto.

Potendo pagare dei professori liberi, non si sommise alla severa disciplina della massoneria delle università germaniche. Non accettò dello studente che ciò che gli piacque — vale a dire l’abito, le maniere, la vita di studio mista alle dissipazioni, le libere aspirazioni, i vaneggiamenti elevati — quella mischianza, insomma, di metafisico e di artista che si trova accoppiata negli allievi istruiti delle scuole tedesche.

Non s’imbragò guari nè in teologia, nè in diritto, nè in