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D’ordinario, i visitatori serii che picchiano alla porta di questi ospizi sono dei pubblicisti — i quali si occupano di scienze sociali — o di uomini di una certa età e mica ricchi.

Il visitatore, questa volta, si presentava con grande spanto; portava lettera di una delle più grandi dame della corte, parente della regina, ed in un giorno in cui il pubblico non era ammesso.

Gli era poi costui un giovane di venticinque a ventisei anni. E il suo vestire semplice, il suo portamento modesto non indicavano, di modo alcuno, ch’egli potesse avere il petto coperto di decorazioni, e che il giorno innanzi egli avesse aggiunto l’ordine della Giarrettiera a quello del Toson d’oro, alla Legione di onore, alla placca in diamanti di S. Andrea.

Il suo andare era lento ed un po’ stracco. Trascinava il passo come la gente distratta, la quale si cura poco della terra cui calpesta e del mondo che la circonda. Era molto pallido. Ma s’indovinava di un’occhiata, che quella pallidezza, pur non essendo affatto naturale, non era una pallidezza completamente malaticcia, nè sopra tutto quel pallore sinistro che denunzia il vizio od il rimorso.

I suoi capelli bruni, un cotal poco laschi sulla fronte, inquadravano un viso leggiermente allungato e si armonizzavano con i tratti avvenentissimi della sua fisionomia.

Portava tutta la barba, d’un colore alquanto men scuro dei capelli.

Uno sguardo opaco e chiuso in di dentro spiccava d’ordinario dai suoi occhi di smeraldo. Per momenti però, quello sguardo si allumava, come le lanterne cieche che si animano di botto quando le si dirigono verso l’oggetto cui si vuole rischiarare. Per ciò, appunto, il suo sembiante dal color scialbo ed inespressivo di già, si velava inoltre di uno strato di ghiaccio. Quell’uomo diventava allora un mistero. Tanto più che la sua bocca si componeva di raro al sorriso, quantunque facesse mostra di denti magnifici, fra due labbra pallide nascoste sotto lunghi batti.

Quell’aspetto sofferente non si spiegava. Imperciocchè, non magrezza, non linee curve, non contrazioni violente di muscoli, non rughe, nulla insomma, l’abbiam detto, che dinotasse il disordine dell’esistenza di certi chiostri, un