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Görgey. La proposta era stata fatta, e le circostanze la imponevano.

Görgey aveva eseguita la sua ritirata da Comorn con grande abilità, salvando i suoi 25,000 uomini dall’inseguimento dei 120,000 Russi, che gli erano sempre dietro, battendoli negli scontri di retroguardia, barcamenandosi fra l’esercito di Paskevitch, che lo balestrava da una parte, ed un nuovo esercito russo, che veniva alla sinistra dalla Gallizia, condotto da Osten-Sacken. Avrebbe anche potuto venire in soccorso di Nagy-Sandor, il quale, non avendo seco che 7 a 8000 uomini, era attaccato all’improvviso a Debreczin da 80,000 Russi.

— Ecco Nagy-Sandor, che riceve una bastonata! sclamò sorridendo Görgey, udendo tuonare il cannone.

Görgey aveva giurato la distruzione di Nagy-Sandor e del suo corpo. Quando egli aveva emessa l’idea di una dittatura militare, Nagy-Sandor aveva detto:

— Se c’è qualcuno che vuol divenir Cesare, io sarò il suo Bruto.

Finalmente Görgey aveva ricondotto l’esercito ad Arad. Ma il Governo aveva dovuto abbandonare anche Szeged. Dembinski vi aveva riunito circa 35,000 uomini in una specie di campo trincierato, appena abbozzato. Nonostante, la posizione non sembrandogli tenibile sotto le valanghe di Russi e di Austriaci che affluivano da tutte le parti, aveva dato l’ordine di abbandonarla e di stabilirsi un po’ più lungi, a Szöreg.

Haynau, che comprendeva il suo vantaggio di numero e di posizione, non gli lasciò il tempo di condurre a fine il suo cambiamento di posto. Attaccò le truppe, che cominciavano a prender stanza a Szö-