Pagina:Petruccelli Della Gattina - Le notti degli emigrati a Londra, Milano, Treves, 1872.djvu/97

fango. Ma più egli si sforzava di sollevarsi, più scavava il vuoto che lo aspirava, più ingrandiva il buco da cui era inghiottito. Petöfy si rizzò sul corpo del cavallo, già quasi scomparso. Sperò per un momento che la sua cavalcatura colmasse la fessura della palude. Illusione della speranza! Derisione del destino! L’uomo che aveva vissuto di raggi, doveva morire soffocato nella melma. Lo vidi scendere, scendere sempre, immergersi fino a quel petto ove batteva un cuore così generoso e così eroico, fino alla testa ch’egli portava sì alta, malgrado il peso del pensiero, sotto l’aureola del genio! Vidi quel capo così fieramente caratteristico sparire, ed il fango rinchiudersi sopra il tutto, dopo questo orribile agguato dell’abisso, come se nulla fosse avvenuto, ed ogni cosa ritornare all’aspetto formidabilmente tranquillo dell’imboscata calma e silenziosa. Fuggii da quel sito.

Bem uscì dalla sua palude, come Mario, verso notte, e raggiunse il suo corpo. Trovò riuniti 7,000 uomini a Maros-Vasarhély. Si gettò sopra Nagy-Szeben, respinse gli Austriaci a Medgyes, rovesciò i Russi a Vizahna, prese d’assalto Nagy-Szeben. Lüders accorse all’indomani, e si presentò in ordine di battaglia sotto le mura della città. Bem non lo fece attendere. Gli andò incontro, dicendoci:

— Siamo civili con questo Calmucco.

I Sassoni di Nagy-Szeben ci gettarono dell’acqua bollente sul capo, e tirarono dalle finestre su noi. Lüders ci bombardò a meraviglia. Ritirandosi, Bem incontrò la staffetta del Governo, che lo richiamava in Ungheria in qualità di generalissimo. Kossuth ricalcitrava ancora all’idea di confidare la dittatura a