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di non portar più alcun ornamento d’oro o d’argento: esse avevano offerto tutto alla patria. Non si vedeva più un anello, una collana, un paio d’orecchini sopra le donne ungheresi, principalmente su quelle della classe del popolo; avevano tutto dato come dono patriottico. Gli uomini erano tutti, in una maniera o nell’altra, armati. L’Ungherese è grande, solidamente costrutto; ha la faccia aperta, lo sguardo franco, della vivacità nello spirito, una personalità che conosce sè stessa e si confessa quale è, nonostante l’incoerenza delle idee, la leggerezza dei propositi, la vanità generata dalla bellezza della razza — tutti sapendosi nobili, o credendosi tali. L’Ungheria sembra abitata da un popolo di gentiluomini. In mezzo però a tanti grandi e leggiadri uomini, a tante belle ed allegre donne, tutti dall’aria felice, ben nutriti, ben alloggiati — i contadini avendo dei bei poderi che lor danno da vivere, ed i borghesi, in poco numero però, esercenti una professione od un’industria — , si introducevano dei mendicanti che mostravano delle piaghe schifose — loro strumento di lavoro — , o un nugolo di zingari color cioccolatte. Tutta questa gente si dirigeva verso la sala ordinaria della seconda Camera — il Collegio riformato di Debreczin — e l’invadeva.

La Dieta aveva discusso in comitato secreto, durante due giorni, la decadenza della Casa di Absburgo, ed aveva deciso di deliberarne pubblicamente in quel giorno. I magnati si erano riuniti ai deputati, e si mischiavano a loro, vestiti del loro mantello di velluto rosso, celeste o nero, impellicciato d’astrakan, di martoro zibellino, coperti dal Kalpack nazionale con un pennacchio di pietre preziose e penne d’aquila,