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di 200,000 uomini, ed un prestito di 42,000,000 di fiorini. Lo slancio era dato. Le ostilità cominciarono. Il re, chiamato a Buda, rifiutò di venirvi.

I Serbi batterono l’esercito ungherese a Szent-Ramas, ove apparve quel famoso Janku, al quale, più tardi, Francesco Giuseppe doveva dire quel celebre: Multum fecisti, Janku, vere multum fecisti!, che lo fece passare per un letterato. Il Palatino tentò un colpo di Stato. Jellachich passò la Drava. La Dieta che voleva ancora restare nella legalità, inviò una deputazione al re.

La Corte tenne a bada la deputazione.

La deputazione finì coll’accorgersene.

— A rivederci sulla Drava! disse Batthyany a Jellachich.

— A Pesth, se volete! rispose il venusto Croato: vi risparmio il disturbo di rendermi visita.

E si pose alla testa del suo esercito, accompagnato dai voti di tutta la Corte.

— Siamo attaccati da otto parti in una volta, sclamò Kossuth in mezzo alla Dieta.

Il Palatino fuggì. L’Ungheria si sollevò.

Le truppe ungheresi, che si trovavano in Italia, erano già state richiamate, ma Radetzky aveva rifiutato di lasciarle partire. Il dì 20 agosto, il re firmò il decreto pel quale i reggimenti ungheresi, nelle altre provincie dell’Impero, erano restituiti in Ungheria. Il decreto fu comunicato al colonnello Tichter, come agli altri capi di corpo. Il colonnello lo stracciò, sotto il pretesto che non era il ministro della guerra dell’Impero, o dell’imperatore, che glielo significava, ma il ministro del regno d’Ungheria e del re. Il colonnello era austriaco nell’anima, vale a dire ido-