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le contraccambiassi l’onore di riceverla personalmente.... No, la ricevei una volta.

Un giorno, sibariticamente coricato nella spessezza di un muro, leggendo i Pamphlets politiques di Cormenin — un repubblicano morto non ha guari senatore! — io udii quella buona gendarmeria lamentarsi forte della mia poca creanza di non permetterle di guadagnare il premio di 25,000 lire, prezzo a cui l’eccellente prefetto Caracciolo aveva messa la mia testa. Quando quella brava gente ebbe dunque terminato la sua ventesima visita, e la si fu ritirata, la signora della casa invitò il capitano a desinare. Egli accettò.

Il gendarme ed il prete mangiano sempre.

Si chiusero le porte. Dodici domestici della casa, guardiani di campagna, armati fino ai denti, si tenevano nel cortile e nel tinello. Il rispettabile funzionario li aveva sbirciati. Si chiamò a tavola. Seduto a destra della baronessa, ella mi presentò il capitano seduto alla sua manca.

Io non ho mai conosciuto, negli Stati di S. M. siciliana, un più grande galantuomo che quel birro! Cosa strana! in quel paese, le più gangrenite sono le persone da bene!...

Partii infine per recarmi a Barletta.

A qualche chilometro da Bitonto, svolgendo ad un angolo di strada, eccoci faccia a faccia con la gendarmeria. Si aveva avuto sentore che io andava ad imbarcarmi e mi volevano risparmiare il mal di mare. Io portavo, d’ordinario, tutta la barba. Era quindi bastato tagliare i baffi, radere il cranio alle parti volute, prendere una tonaca, procurarmi una lettera di obbedienza, per trasformarmi in capuccino;