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Si bussò anche alla porta di Serafina.

— Chi è là? dimandò la giovinetta.

— Aprite, in nome del re.

— Non lo conosco.

— Aprite, o rompiamo tutto.

— Ma, non posso.

— E perchè non potete?

— Sono col mio innamorato.

Il chiavaiuolo aprì, ed i magistrati della piccola città di Scalea trovarono la giovinetta decentemente vestita, assisa sur una seggiola vicina alla finestra, che sporgeva sul giardino a mezza vita di altezza, il visino inquadrato fra due vasi di garofani, infilzando le maglie di un paio di calze, pacifica e sola.

— Ebbene, signorina, gridò il capitano schiumando di rabbia, perchè avete voi resistito al nome del re? perchè avete voi serrate tante porte? perchè non avete aperto alla nostra intimazione? perchè vi siete voi rinchiusa qui, eh! eh! eh!

— Magari, ch’eccone lì dei perchè! replicò Serafina senza commuoversi. Ebbene eccovene un altro adesso: perchè io era in casa mia.

— In casa vostra, in casa vostra! il re entra dovunque signorina....

— Come i cani dunque...?

— ...... Ed anche in casa vostra.

— Se mi aggrada, e quando il mio innamorato non vi è.

— Che innamorato! ove è codesto vostro innamorato, alla fine?

— Cercatelo.

Le guardie rovistavano e rimuginavano di già da per tutto, dietro il piccolo letto, nell’armadio, nello