Pagina:Petruccelli Della Gattina - Le notti degli emigrati a Londra, Milano, Treves, 1872.djvu/343

dinando sulla piazza pubblica — quel busto augusto che presiedeva alle udienze del giudice di pace ed ispirava le sentenze di questo magistrato.

Nel medesimo tempo si era visto passare la mia valigia.

— La è zeppa di oro! si avvisò di dire un uomo di spirito, il barbiere del villaggio.

— Davvero? gridarono tutti, cogli occhi lucenti.

— Zeppa, zeppa. Il generale va ad attizzare la rivoluzione in Basilicata. Io mi so questo...... da una persona che lo sapeva.

Occorreva altro? Il giudice, il sindaco, il capitano della guardia civica, appresero dalla medesima voce che il generale siciliano era entrato appunto allora nel paese.

Santu diavolone! susurrò il giudice di pace all’orecchio del capitano, ecco un’occasione che Dio ci manda, per riscattare l’affare del busto, e salvar vostro figlio, che era egli pure tra i rivoltosi. Questo paga quello.

— Verissimo! gridò il capitano, colpito da quella luminosa idea.

E senza metter tempo in mezzo, popolo e capi, ciascuno col suo intento, gli uni per rubarmi, gli altri per transigere col governo, eccoli lì tutti dirigersi in tumulto verso casa Cupido, ove io dimorava. Il sindaco si fe’ avanti e bussò. Alberto, che era alla finestra co’ miei due bravi Albanesi, coi moschetti in ordine, mise fuori il capo, si cavò pulitamente il berretto e domandò:

— Che cosa volete, signor sindaco?

— In nome del re, rispose il degno magistrato, io richiedo il rivoluzionario, il nemico di S. M. il re