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La signora volle che io conservassi il mio cappello, perchè non prendessi un raffreddore. Ed io che detesto il cappello e la cravatta, quasi altrettanto che S. M. Siciliana, obbedii: avrei messo una delle sue gonne, se me lo avesse dimandato, par accelerare l’ora di andar a cacciarmi nelle lenzuola. Infine, la cena comparve. Componevasi di rimasugli di due o tre pasti.... Ingollai un boccon di qui, un di là, bevvi un gotto e dissi... (in verità, io pagava di buona moneta questo bestione e la sua orribile femmina).

— Adesso, don Francesco, un buon letto. Vi auguro buona notte, madama.

Non avevamo schiuso labbro nei tre minuti che durò l’operazione della masticazione. Ritirandomi, soggiunsi:

— A proposito, caro, pensa che voglio andarmene a casa, tu sai, per mare fino a Scalea. Io prendo meco Demetrio, che non può camminare. Spiridione verrà a raggiungermi a cavallo. Dunque, una barca sicura e.... avanti la guardia! Buona notte madama.

Seguii Lauretta, zufolando la marseillaise. Non guardai nè la camera, nè il letto, sul quale avrebbe potuto manovrare un reggimento di bersaglieri, nè altro. Strappai dal mio dosso le spoglie d’insorto e buona sera. Lauretta mi consigliava ancora di recitare un buon Pater ed un Ave, secondo le intenzioni del nostro Santo Padre il papa, che io russava di un sonno profondo.

La mia minaccia di restar lì, fino a che non mi avessero trovato un mezzo di partenza, dette dello zelo alla signora. Ella promise una buona ricompensa — a mie spese — ai doganieri di S. M. e questa brava gente, con la loro barca di servizio, sotto la ban-