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come una vecchia carpiona, capelli rari sulla fronte e sulle tempia, e quarant’anni.

Mi assisi senza complimenti, da uomo stanco e desideroso di riposo, e dissi:

— Buona sera, signora. Come stai don Francesco? Vengo a dimandarti asilo fino al momento in cui mi avrai trovato ciò che occorre, per andarmene via senza pericolo.

— Impossibile, amico mio. La mia casa è sorvegliata.

— Ah! mio caro signore, cominciò a crocidare madama don Ciccio, di gran cuore, con tutta l’anima, noi vorremmo tenervi con noi; ma......

— Ah! ma?

— Ma, gli è impossibile. Il sindaco, il capitano della guardia civica, i gendarmi..... mio marito è sospetto. Io te lo diceva bene, Francesco, tu lo vedi, che saresti ridotto a cattivo partito con la tua cospirazione, la tua nazione, la tua dannazione.... Eccoti a bel porto adesso. Tu non sarai sindaco, neppure decurione.... Impossibile, caro signore: bisogna partire.

— Certo, signora.

— Lauretta, gridò madama, di’ ai guardiani del signore di non togliere la sella al cavallo.

— Nulla di tutto ciò, ordinai io alla mia volta alla serva di ottant’anni che spiava alla porta. Io partirò domani. Adesso ho sonno, e sfido il diavolo e la sua mogliera a scacciarmi di qui. Signora, non avreste per caso un letto da farmi preparare?

Il marito e la moglie scambiarono un’occhiata, che io non volli comprendere. L’una diceva:

— Eh! ecco lì uno dei tuoi scapestrati di amici,