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Ecco tutto.

La Corte si alzò, ed uscì.

Un fremito corse in tutta l’assemblea.

Io subii la pena delle verghe.

Mio padre fu appiccato.

Lottai quarant’otto ore contro la tentazione del suicidio. Non bevetti, non mangiai, non dormii durante questo tempo. Il mio cervello era agitato dal caleidoscopio del delirio. Il terzo giorno, uno dei giudici venne a portarmi i mille fiorini di ricompensa, prezzo del sangue di mio padre. Egli indietreggiò spaventato dinanzi la minaccia del semplice mio sguardo, scivolò sullaFonte/commento: Pagina:Petruccelli Della Gattina - Le notti degli emigrati a Londra, Milano, Treves, 1872.djvu/376 pozza che stava dinanzi la porta, cadde, si rialzò gridando, e fuggì. La stessa sera abbandonai il villaggio.

Tre anni avanti, venendo colà, avevo portata negli occhi la cara nostalgia delle mie montagne transilvane. Per lungo tempo ne avevo avuto il miraggio alla sera, credendo veder nel lontano orizzonte, attraverso il pallido azzurro del cielo cenericcio dell’Ungheria, delle punte di zaffiro orlare la pianura come una collana. Ora mi allontanavo, lasciando la puzsta con l’ansia di chi abbandona l’amato focolare e si immerge nell’infinito sconosciuto. Il sole rosso tramontava, e circondava di un’aureola d’oro la prospettiva lontana. Il cielo grigio brillava di pagliuzze lucenti, come un velo ricamato a liste dorate. Una pianura interminabile, cielo e terra, senza ondulazioni, s’allargava, fuggiva a me dinanzi, nascondendosi poco a poco sotto l’invasione delle tenebre che si avanzavano dall’Oriente. La Tisza, dalle rive piatte, dalla corrente azzurra e sonnacchiosa, scorreva maestosamente verso il giallo Danubio, che serpeggia