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Non crepuscolo, come non primavera nè autunno.

Ma la state non è un beneficio per il regno animale, uomo e bestie; imperciocchè appena, in giugno, spira un soffio di calore, che le miriadi di zanzare compaiono e, sotto forma di nuvola densa e scura, oscurano il cielo. Bisogna allora tuffarsi nel fumo infetto dei dimokur, quando si ha muschio o legno verde da bruciare sotto il lato del vento, e rinunziare così all’incanto della luce pura, dell’aria fresca. Gli animali fuggono verso le sponde del mare, ove il vento freddo dissipa questi insetti sanguinari. Noi fummo obbligati ad abbandonare il nostro accampamento e trasportarlo incontro allo Stretto.

Gl’indigeni ci regalarono abiti leggeri, costrutti delle budella della morsa.

Infrattanto la stagione avanzava. L’ora della speranza, e l’agonia che essa sveglia, sonava: ecco giugno. Il mare carreggiava sempre i suoi ice-bergs o torosi, ossia monti di ghiaccio. Si vedevano ancora di lontano degli spazi immobili di ghiaccio continuo; ma l’azzurro dei fiotti rivaleggiava con quello del cielo, l’acqua ribolliva, saltava, fremeva, viveva; il naviglio prendeva il posto della narta e della slitta.

Ecco il mese di luglio: e non un baleniere!

Ecco il mese di agosto: e non un baleniere! —

Abbrevio.

Io non potrei giammai comunicarvi il sentimento di ansietà spasmodica che, per quaranta giorni, oscurò le nostre veglie e popolò di fantasimi il nostro riposo. Noi eravamo giunti a considerare come una delle venture le meno lugubri il ritorno a Ya-