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digeni, aveva accomodate d’ogni banda, cifrandole con un segno che dinotava la sua proprietà, ma principalmente per osservare il progresso della liquefazione. Al di qua della collina era il silenzio, l’immobilità, l’uniformità maestosa e religiosa che s’incontra per migliaia e migliaia di verste percorrendo la Siberia; dall’altra banda, era l’Oceano che si svegliava dal suo sonno di nove mesi; era l’ebbrietà vertiginosa della vita.

A destra e a manca sormontavano, alla superficie di un oceano di vapori, delle creste nere e slanciate che foravano la loro guaina di diamante e salutavano il sole, avendo i loro fianchi solcati di neve eterna, o niellati di fili di argento brunito — i ruscelli. Il sole lanciava di già raggi porpurei che coloravano tutto di tinte rosee ed animavano di uno scintillio tremolante le nappe bianche della neve, la superficie azzurra dei ghiacci. La luce scomposta dalle molecole nevose, che impregnavano l’aria, lanciavanoFonte/commento: Pagina:Petruccelli Della Gattina - Le notti degli emigrati a Londra, Milano, Treves, 1872.djvu/376 sul fondo vaporoso una miriade d’archi-baleno. Il vento, di una violenza furiosa, animava il paesaggio. L’eco dei baratri ripercoteva gli urli del vento. La sabbia ed il polviglio della neve si levavano, si mischiavano, turbinavano, davano l’assalto al cielo. Di fronte era l’Oceano che rompeva la sua camiciuola di forza con un ululato terribile. I campi di ghiaccio voltolavano, correvano alla deriva, s’incontravano e si precipitavano gli uni sugli altri con una demenza che atterriva. Il masso affondato scompariva negli abissi, inzaccherando tutto della sua schiuma furibonda; ma poco dopo e’ risaliva a galla, lordo di limo verde e di sabbia, per ricominciare la lotta, avendo ripreso forza al contatto dei fondi desolati. L’immensa stesa immo-