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— Padrone, ecco il mio pensiero. Ritorneremo là donde movemmo tre giorni sono. Rizzeremo la tenda, e la guarentiremo di una bella difesa. Il fuoco non mancherà. Di provvisioni ve n’è ancora abbastanza. La cacciagione è rara, ma non manca del tutto. Voi resterete là, e mi aspetterete. Io andrò solo a Verknè-Kolimsk, e vi condurrò una narta e dei cani. Mi occorrono per andare e tornare quindici giorni al più. Troverò in quel villaggio il delegato dell’ispravnik — il commissario del distretto di Kolimsk dimora a 350 verste più al nord, a Srednè-Kolimsk — ovvero il capo del vecchio ostrog, che resta ancora in piedi, ovvero l’esaule, l’uomo di confidenza della tappa di Verknè. Io m’indirizzerò loro. In nome di chi debbo loro domandare soccorso e protezione?

In nome di chi? Ecco dunque l’uomo, chiamato ad intervenire a sua volta per complicare il disastro del destino! Io riflettei un istante, poi dissi a Metek:

— Ricordatevi bene questo, che io non voglio nulla per prestazione forzata, se ciò può essere. Voglio comperare una narta ed una muta di dodici cani. Caricherete la narta di ciò che occorre per nudrire i cani per un mese, di un poco di provvigioni per noi, soprattutto polvere e piombo, se ne trovate. Aggiogheremo la slitta alla narta.

— Sarebbe troppo pesante. Bisognerebbero ventiquattro cani, ed in questa stagione dubito che troverò nel borgo pesce secco, quanto basti per nutrire una così numerosa muta. Riflettetevi.

— Farete ciò che potrete. Partiamo tosto.

Costruimmo una specie di barella per trasportare Cesara sul nostro dorso, quando ella si sentisse troppo stanca. Il di più del peso non era enorme, e noi pro-