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possediamo. Prenderemo dunque quanto potremo di viveri, ciascuno secondo le sue forze, qualche pelliccia, le nostre armi, l’accetta, il calderino...... e seppelliremo il resto sotto la neve, per venirlo a prendere quando avremo cani o cavalli. Bisogna sottrarre il nostro tesoro alla ricerca dei lupi: i Jakuti non sono da temere.

— E voi pensate che troveremo cani o cavalli?

— Non so se ne troveremo, che vogliano adattarsi a seguirci fino al mare di Behring. Ma non dubito punto che ne troveremo per una parte almeno della via. Dormiamo adesso. L’uomo non è padrone del suo domani; è dunque inutile preoccuparsene.

Due giorni dopo, eravamo in cammino, sopraccarichi, coi piedi armati di pattini. Non avevamo fatto una versta, che il tempo ci dichiarò la guerra. Uno spaventevole caccia-neve ci avviluppò. Il turbine ci prese nel suo grembo: noi giravamo sopra noi stessi, acciecati, soffocati, ci sentivamo innalzare dal suolo storditi.

— Faccia a terra, gridò Metek, che ci apriva la strada, dandoci l’esempio.

Noi ci lasciammo cadere l’uno accosto all’altro, col viso contro l’immensa nappaFonte/commento: Pagina:Petruccelli Della Gattina - Le notti degli emigrati a Londra, Milano, Treves, 1872.djvu/376 di neve. Qualche minuto dopo, eravamo seppelliti. Per avere un po’ di aria e respirare, elevavamo il braccio alla superficie dello strato di neve che ci copriva. Quando il fardello diveniva troppo pesante, noi ci sollevavamo di un grado. Faceva caldo. Udivamo stridere sul nostro capo come milioni di seghe di giganti, che addentassero il granito. Impossibile dire o far intendere una parola. Ci toccavamo la mano, sotto