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avere le spalle sicure; poi si assisero sulle lacche, sporgendo la gola aperta ed incrociando sul petto le loro zampe anteriori. I lupi si spiegarono in mezzo cerchio intorno ai loro nemici, alla distanza di tre quattro metri. Noi restammo indietro, spettatori attoniti, in mezzo a quell’immenso macello. I combattenti dei due campi si squadravano: i lupi invitando gli orsi a prender l’iniziativa, provocandoli coi ringhi quasi beffardi; gli orsi aspettando con pazienza che la flemma dei loro nemici si esaurisse. Non erano essi padroni del tempo e dello spazio? Un nugolo di corvi calò sui rami degli alberi, e sembrava incoraggiare, coll’orrido gracchiare, la collera sorda dei combattenti. Una doppia fila di volpi si costituiva spettatrice in distanza, senza muoversi, neutrale. Gli orsi tennero fermo. I lupi, aizzati forse dalia fame o più esasperati, perdettero la pazienza. Qualcuno dei più arditi saltò sui due pilastri di carne e di pelle, che li sorvegliavano. Invece di fare gomitolo e scagliarsi di un balzo sugli orsi, i lupi si avanzarono alla spicciolata, e si spiegarono a ventaglio. Questo fu il loro errore e la nostra salvezza.

Gli orsi cominciarono ad agitare le loro zampe come una clava di acciaio. A destra ed a manca, a manca ed a destra.... ad ogni sgrugnare si schiacciava un cranio di lupo.

— Andiamo in soccorso dei nostri amici, disse Metek.

Avevamo caricati i nostri fucili ed i nostri revolver. Facendo un mezzo giro vicino alle volpi, giudici del campo, andammo a collocarci a fianco degli orsi. Il nostro intervento inaspettato, non sperato, ca-