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tagna. La cena era gaia. Il thè caldo sgelavaci, mentre che Metek trovava la sua delizia in una bocconata di tabacco. Ma io mi accorgeva con inquietudine che le nostre renne erano stanche e sopratutto incomodate dal freddo. Eravamo già al principio di dicembre. La corna dei piedi delle nostre bestie si screpolava. Metek fece loro delle galosce col cuoreFonte/commento: Pagina:Petruccelli Della Gattina - Le notti degli emigrati a Londra, Milano, Treves, 1872.djvu/376 raddoppiato di un lupo che avevamo ucciso il dì innanzi. Cesara non poteva più fiatare, senza fortemente tossire. Il tempo divenne crudissimo. Metek non se ne avvedeva neppure; egli cantava, con voce stridente, un lagno malinconico, che sembrava rianimare le renne:

«Dimmi, piccola colomba, — Dimmi colomba dalla piuma nera: — Ove hai tu incontrato coloro che sono iti dalla parte del mare? — Io li ho incontrati sulla vasta spiaggia, sui fiotti, — Sulle bianche torose1 dell’Oceano. — Gli è là ch’essi hanno scoverto una bell’isola! — Gentile colomba, riprendi il tuo volo, e dirigiti verso il mare turchino, — Per dire al mio amante — Che tu hai visto la sua amica versare lagrime amare».

Facemmo alto un dì all’imboccatura della valle, ove l’Arga raccoglie una parte delle sue acque. Fummo assaliti da un caccia-neve, che faceva dar le volte alla slitta ed alle renne. Per fortuna, eravamo nella pianura.

Dal 22 novembre era cominciata una notte, che durò trentotto giorni! La forza della rifrazione, la smagliante bianchezza della neve — non avevamo ancora avuto aurore boreali — temperavano l’oscu-

  1. Montagne di ghiaccio nel mar Glaciale.