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Non una parola durante tutto ciò. Si udivano gli ultimi gridi della rondinella che accelerava la costruzione del suo nido. Mio padre aprì un vecchio cassettone, vicino al cammino, e ne cavò due spade, due sciabole e due pistole. Le spade erano due fioretti che servivano per le mie lezioni di scherma, e ch’egli nella giornata aveva aguzzati. Depose quegli oggetti sul tavolo, ove mia madre aveva messo i due lumi, stringò solidamente i suoi calzoni, e rialzò le maniche della camicia, la quale, aprendosi sul petto, lasciò vedere due cicatrici di ferite prese al servizio dell’Austria.

— Avrei diritto di uccidervi, disse egli al colonnello; vi faccio l’onore di battervi con me, e vi lascio il vantaggio di sceglier le armi e di tirare pel primo.

Il colonnello comprese finalmente. Egli conosceva la tempra di mio padre, e se lo vedeva lì dinanzi, rizzarsi come un colosso, inflessibile, solenne come il diritto. Si guardò intorno: nessuno scampo. Fissò il suo sguardo sullo sguardo immobile e senza collera di mio padre. Non c’era grazia da sperare. Si vide morto. Che fare? Giocò d’audacia.

— Domani, rispose egli assumendo un grugno severo, vi constituirete prigioniero per avere insultato e minacciato il vostro colonnello. Il Consiglio di guerra vi condannerà a morte. Io vi farò grazia, lasciandovi passare solamente tre volte per le verghe tra due file di trecento uomini.

— Domani, replicò mio padre, voi farete ciò che potrete. Per ora fate ciò che io voglio: scegliete le armi.

— Non mi batto con un mio inferiore. Voi che avete servito venticinque anni, voi dovete saperlo.