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celleria. A dir vero, mi vergognavo di questa falsità; ma la tirannia ingenera logicamente e fatalmente il delitto. Contavo, del resto, non valermi giammai nè dell’una nè dell’altra di queste carte. Cangiai quattrocento rubli di oro in biglietti da cinque e dieci rubli. Insomma, presi tutte le precauzioni, previdi tutti gli avvenimenti e le venture.... Non sospettavo ancora che la fatalità prendesse tanta parte nel destino umano, e che, se l’uomo si agita, Dio lo mena.
L’inverno passò gaiamente. Alla primavera, le figlie del generale vollero provarsi a dipingere il paesaggio preso dalla natura, e facemmo lunghe corse in slitta nelle superbe praterie che si stendono lungo la Lena — quando questo fiume non ne fa dei paludi — e nelle splendide foreste. Alice cacciava, mentre Elisabetta dipingeva. Nella state, accompagnai il generale nelle sue escursioni attraverso la provincia di suo governo, ed ebbi l’occasione di studiarne un poco la topografia e segnare i punti più vicini di Jakutsk, che dovevo evitare. L’autunno, pescammo e cacciammo di nuovo, facendo progetti per l’inverno; perocchè io aveva definitivamente acquistato la stima e l’amicizia del generale, e l’una delle sue figliuole pregava Iddio di tutto cuore — se pur mai pregasse — che il permesso del mio matrimonio con Cesara non arrivasse giammai.
Il 1.° novembre spuntò. Il cielo mostrava talvolta il suo sole freddo e giallastro, e spiegava la notte le stelle del suo mantello turchino. La tempesta, l’uragano, le trombe di neve scorrevano l’aere sbrigliate. L’ora suonò.
Io pregai Jodelle di comperarmi tre renne e di far venire il suo Jakuto, a notte fissa, al sito desi-