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mandò al gendarme chi io mi fossi. La Polacca udì la risposta. Ella si distaccò come un lampo dal braccio del marito, si slanciò su di me, e mi baciò. Poi strappò dal suo collo un piccolo cuore di oro, e me lo porse, dicendo:

— Vien di laggiù.... era di mia madre!

Il marito andò a cercare del pane e del sale, e me l’offerse sur un desco, soggiungendo:

— Dio vi consoli, fratello!

Le mie guance si bagnarono. Non potei rispondere una sola parola.

E la kibitka fendè lo spazio come uno sparviere. Il fiume Tchoula, ad Atchiusk, separa la Siberia orientale dall’occidentale. A Krasnoirk termina la steppa, che percorrevamo da sei giorni. Anche questa città ha un aspetto completamente europeo. Un bellissimo giardino, specchiandosi nell’Ienisei, presenta uno splendida panorama. Poi, carrozze, donne eleganti, ricche e pittoresche livree, musica militare, passeggio, caffè, sale da ballo: un insieme prospero. Non un giornale!! V’è alcuno qui che pensi esservi nel mondo una cosa, che si addimanda libertà, per la quale tanti popoli soffrono e tanti pensatori muoiono?

La strada, fino a Kansk, è magnifica. Noi scendiamo al galoppo la collina, ove accampa Krasnoravsk; valichiamo l’Ienisei, dalle correnti vertiginose, dalle onde chiare e sonore, largo come un lago; traversiamo Kansk, assisa sulla riviera; poi Niveondiusk, ove sono rilegati parecchi dei nostri compatriotti, e passando un fiume dopo l’altro, belle valli, casali piacevoli dai campanili di stagno e dalla croce dorata, un territorio boscoso, variato, con betulle, pini