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— Lo so.

— Konarski fu quasi sul punto di confessare, nella tortura della fame.

— Ma egli resistette.

— Levitox subì tali slogamenti di membra, che preferì mettere il fuoco al suo pagliariccio ed abbruciarsi, per paura di parlare suo malgrado.

— Voi vedete dunque che vi sono dei mezzi per sottrarci all’infamia.

— Gorski restò quarantott’ore sospeso pei piedi, colla testa in giù, sopra un focolajo, ove si faceva ardere della paglia inumidita.

— Ciò avveniva al tempo di quel mostro che si chiamò lo czar Nicolò; ora non si commettono più di tali atrocità.

— Se ne commettono sempre, se ne commettono delle altre.... tu lo vedrai domani.

— Sì, mi hanno minacciato di ciò. Ma io voglio vederlo. Io son preparato.

— Ebbene! io non voglio che tu soffra, io. Se fosse almeno per salvarti la vita! Ma no. Tu sei condannato, avvenga che vuolsi. Ti si tormenterà per istrapparti delle confessioni; e ti si manderà al patibolo perchè ti sei battuto. Oh no! ho veduto impiccare tuo padre, mi basta.

— Ma che possiamo noi fare, madre mia? Quand’anche avessi qualcosa a dire, e non ho nulla, io non posso parlare.

— Ma, disgraziato figliuolo, gli è appunto quello che io temo. Tu potresti parlare, perchè non sai nulla. Il dolore potrebbe strapparti dei gemiti, che essi prenderebbero per parole. Puoi divagare. Il delirio potrebbe impossessarsi di te nello spavente-