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donata sembravano addormentati. Si sparse allora un avvertimento: «In ogni parte della Polonia, diceva questo avviso, s’indosserà il lutto per un tempo indeterminato.... La corona di spine, ecco il nostro emblema da un secolo! Questa corona ornava jeri i cataletti dei nostri padri.... Essa significa: pazienza nel dolore, sacrifizio, liberazione, e perdono!»

La calma si ristabilì. Ciò aumentò lo stupore e lo spavento dei Russi. Cosa nascondeva quel silenzio?

— Tutta la città vi obbedisce, disse il principe Gortschakoff al conte Zamoyski. Ciò non può durare. Ho delle truppe, adesso; io non vi temo punto.

— Noi siamo pronti a ricevere le vostra palle, rispose il conte.

— No, no, gridò il principe di Gortscakoff: ci batteremo.

— Giammai! Noi non ci batteremo punto, riprese il conte Zamoyski. Ci assassinerete, se lo volete.

— Se avete bisogno d’armi, ve ne darò io, disse il principe fuori di sè.

— Noi non le adopreremo, dichiarò il conte Andrea.

I Russi non comprendevano più nulla di una situazione così strana.

— Ma essi non dimandano nulla, disse il granduca Costantino, quando lo Czar lesse davanti la sua famiglia la petizione di Varsavia.

— Gli è precisamente ciò che v’ha di grave! rispose l’Imperatore.

L’indefinito spaventava lo Czar. Eppure egli sapeva troppo bene ciò che nascondeva questo indefinito, ciò che le allusioni vaghe dei Polacchi significavano.

Il signor Muchanoff, ministro dell’interno a Varsavia — quello stesso che, opponendosi ad ogni svi-