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vicinamento sotto l’impulso dell’inevitabile. Si vorrà rassegnarsi giammai a questi decreti della necessità?... Tutto consiste in ciò. L’avvenire della dinastia d’Absburgo sta nell’abdicazione de’ suoi vecchi propositi a favore della sua nuova missione. Il suo perno è l’Ungheria. Il Re d’Ungheria è alla testa della politica della nuova Europa: l’Europa ch’è uscita dalla ruina dell’edifizio infelice, di cui il Congresso di Münster aveva gittato le prime basi, ed il trattato di Utrecht levò le pareti, lasciando al Congresso di Vienna la trista bisogna di completare il mostro.

Che cosa è dunque il Re d’Ungheria?...

In una parola, è il contrappeso dello Czar di Moscovia.

Il Re d’Ungheria non deve ambire di essere altro. Questa sua missione è già vasta abbastanza, egli deve volger le spalle all’Europa. Se il suo {sosio, l’Arciduca d’Austria, ha ancora delle inquietudini che l’attirano verso la Germania, delle vertigini che lo riconducono verso l’Italia, egli deve bandirlo come il genio del male. Lo sguardo del Re d’Ungheria si spinge in avanti, là dove sorge il sole. La sua corsa è parallela a quella dello Czar di Moscovia: egli mira alla stessa meta; la sua attività aspira ai medesimi resultati. Essi devono aiutarsi a vicenda, se è possibile, ma non intraprender nulla l’uno contro l’altro. Nondimeno, il pericolo dell’Europa sarebbe nell’accordo di questo Czar e di questo Re. Ma ecco appunto perchè è necessario di lasciare che la Germania si costituisca senza crearle ostacoli, di aiutare la Polonia ad interporsi fra questi tre, e di consolidare l’alleanza della Francia coll’Italia sul cadavere del papato temporale, o di compiere la loro rottura,