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del re, sotto il generale Mack. Il colonnello se ne lagnò.

“Il ministro della guerra lo raccomandò al principe di Canosa, che lo fece gettare in una prigione per misura di polizia. La Corte dei conti non regolò mai la pensione. Il colonnello non la domandò più, non parlò più a nessuno del suo affare e promise di rassegnarsi al suo grado di sergente. Uscì di prigione dopo due anni e fu internato in provincia.

— Colonnello e barone! esclamò Bruto. Ah! il sornione! non me ne ha mai detto nulla.

— Sì, gli è veramente duro a cuocere, disse don Gabriele. Ma ritorniamo al conte. Quando il colonnello ritornò, ha egli continuato, non mancò di informarsi della sua amante e della sua bimba. Ma non potè ritrovare nè l’una, nè l’altra.

— Non è colpa sua se non le ha trovate, giacchè da diciott’anni le cerca, ho fatto osservare io al conte.

— Non ne dubito punto, ha egli risposto. Due mesi dopo la partenza del colonnello, Giuseppina aveva messo al mondo una bambina. I pochi scudi, lasciatile dal suo amante, sparirono prontamente. Ritornò presso la vecchia suor Serafina a San Giuseppe dei Nudi. Una settimana o due dopo, la monaca morì. Giuseppina restò sola, senza danaro, senza conoscenza del mondo, con una bambina. Non conosco interamente il dramma domestico di quella donna. La polizia non è curiosa degli spasimi dell’anima e delle sue lotte, ciò riguarda Iddio. Poco dopo, un giorno, ella portò sua figlia ai trova-