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Il conte ha guardato alla mia volta, di poi ha riprese:

— Egli appunto. Pietro Colini era sergente nell’esercito napoletano nel 1799. Ma era colonnello e barone nell’esercito francese.

“I medici francesi l’avevano inviato ad Ischia perchè guarisse dalle ferite. Il colonnello vide Giuseppina, se ne innamorò e restò a Napoli. Ma, siccome in quegli anni i militari non avevano tempo da perdere, il colonnello Colini rapì Giuseppina e la condusse in una camera del vico del Sole, per nasconderla. Poco tempo dopo Giuseppina si trovò incinta. In quegli stessi giorni Napoleone sbarcava a Cannes e la guerra ricominciava.

Una mattina, Giuseppina ricevè una lettera del colonnello, in cui le annunziava la sua partenza per l’esercito, ove Napoleone chiamava tutti i suoi prodi. Il barone le lasciò tutto quello che possedeva: le promise di ritornare generale o di non ritornare affatto: poichè pareva stanco del grado e della paga di colonnello, dacchè aveva un’amante ed una figlia.

— E tenne parola? ho domandato al conte.

— Non interamente. Ritornò diciotto mesi dopo, con una gamba di meno, ma sempre colonnello. Napoleone, dopo Waterloo, non aveva forse avuto tempo di nominarlo generale e conte. Il colonnello Colini aveva avuto delle relazioni con Murat, era amico del principe Eugenio. I Borboni di Francia lo misero fuori dell’esercito francese. Arrivato a Napoli, il governo del re Ferdinando non volle riconoscergli che il grado di sergente, che si era guadagnato nell’esercito