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chezze! Stravaganze! non mi basterebbe neppure che fossi seconda donna!

— Ma allora?

— Allora? il palco scenico per una bella ragazza come te, è come l’altare per la Madonna e le nuvole per gli angeli. Là si adora.

— Là si compra e si vende, mamma! sclamò la fanciulla indignata.

— Sciocca, vorresti dunque donarti tu!

— Mamma, è inutile ritornare sul passato, disse Lena dolcemente. Sono stata due mesi al San Carlo. Sai che cosa avvenne. Sai le persecuzioni infami che vi soffersi, gli attacchi, gli insulti, le offerte.... No; non vi ritornerò più. Ve ne sono di quelle che amano i diamanti, fossero pur falsi. Io preferisco la viola.

— Lena, vengo ora dalla signora Tessari, la potente regina del teatro dei Fiorentini. Questa eccellente donna m’ha detto che da questa sera tiene disponibile per te un posto nel suo teatro. M’ha detto anzi di più: offre d’istruirti, di affidarti delle piccole parti e poi... meglio ancora, se vuoi studiare a venticinque grane al giorno. Ella ti scrittura. Voleva una risposta avanti a mezzogiorno; gliel’ho portata alle dieci. Sei scritturata.

— Giammai.

— Oh! oh! giammai? Rifletti, figliuola mia. A diciott’anni, con quegli occhi, con quel corpo, con quei capelli, con quella carnagione, quella taglia, con tanta melodia nella voce, con quella bocca e quei denti, con quelle mani e quei piedi da regina, con quel raggio nella fisonomia che ti fa rassomigliare a Santa Cecilia, con