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detto: “Farò un dramma,„ a cui egli aveva risposto: “Ho un’idea ancor migliore.„

— Un’idea migliore! corbezzoli! bisogna trovarla, giovinotto.

Bruto non s’era recato a scuola. Andò girandolando sulla riva del mare, alla Villa Reale, sulle colline, al chiaro di luna; perchè aveva sentito dire che le idee poetiche non fioriscono che là e che altrove non germogliano.

Il fatto è che questa idea promessa, non l’aveva trovata. Aveva fantasticato d’una Giuseppina idiota per introdurla in un dramma e aveva finito col pensare al sergente e che sarebbe stato felice di potergli scrivere un giorno: “Vieni, sergente, la tua Giuseppina è duchessa... o serva di un notaio,„ non monta.

Non avendo trovato l’idea al chiaro di luna della Villa Reale, Bruto restò in letto il giorno dopo, nella speranza che essa venisse alla luce del giorno più comodamente sul suo magro lettuccio. Bruto si alzò e, mentre Tartaruga sgusciava i piselli, passeggiò per la stanza colla finestra aperta. Faceva le viste di tener gli occhi volti al cielo, come se cercasse una rima. In realtà rimirava quella bella giovinetta che lavorava rimpetto a lui, così vicino, che, quantunque fosse dall’altra parte del vicolo, l’udiva respirare. Pertanto restava silenzioso.

Tutto ad un tratto, Bruto vede la testa della ragazza volgersi vivamente verso il fondo della stanza e sente il rumore d’una porta che si apre e si chiude e una voce che brontola; in pari tempo vede cadere sulle ginocchia della fanciulla un involto di biancheria.