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che di un’ora della sua vita; viveva interamente in quell’ora, come se fosse stato ieri, o questa mattina, viveva di quell’ora.

Il tempo che lo circondava non contava per lui. Non poteva comprendere che altri avvenimenti potessero esser accaduti, quantunque egli ne fosse l’attore e la vittima.

— Diavolo! Diavolo! disse Bruto tra sè, il mio sergente si emancipa! Va alla pesca delle vecchie vivandiere del 1814! Giuro a Dio! il cronometro del sergente è terribilmente in ritardo.

Pure, ingoiato in fretta in fretta in fretta un piatto di fagiuoli, senza neppur levarsi il cappello, Bruto corse al Vico del Sole.

La curiosità lo spronava; provava una certa emozione.

L’indirizzo era preciso.

Non c’era portinaio nella corte. Parigi non aveva ancora comunicata a Napoli questa piaga, che val bene quella che Napoli regalò ai compagni di Carlo VIII. Non avendo da indirizzarsi a nessuno, Bruto salì difilato al quarto piano, picchiò all’uscio a sinistra di quella cupa, fetida ed immonda casa. Non c’era battitoio, nè campanello. L’uscio era mezzo aperto. Bruto picchiò tuttavia colle mani. Nessuna risposta. Picchiò di nuovo; silenzio sempre.

Allora entrò.

La strana camera in cui si trovò, era in quel momento vuota; ma si vedeva che era abitata. Una pentola bolliva sopra un fornello di creta, sicuro segno che il pigionale di quell’appartamento era stato disturbato, mentre preparava il