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disponeva a tornar alla carica coi suoi abbracci.

Don Noè fissò gli occhi sopra di lui spalancati e spaventati e gli fece cenno di star queto. Poi, dopo averlo misurato e contemplato da capo a piedi, brontolò freddamente:

— È tutto suo padre! un bestione.

Mastro Zungo aveva inoltre ingiunto a suo figlio di non mentir mai e di non contraddire suo zio. Bruto rispose quindi:

— Sì, caro zio, sono proprio della famiglia, un bestione.

— Che fa tuo padre? e la tua buona mamma?

— Sempre lo stesso, sempre la stessa, caro zio. Mio padre salassa, sbarba e porta in giro le notizie; mia madre mastica quotidianamente dieci centesimi di tabacco e tre o quattrocento Pater e Ave per la conversione della Francia.

— I miei buoni amici di Moliterno si ricordan essi di me? Che cosa dicono!

— Gli uni, che siete un ignorante prodigioso; le donne, che siete un incomparabile suonatore di campane; mio padre, che siete un avaro; mia madre, che siete un santo. Io vi dirò la mia opinione quando ci saremo un po’ meglio conosciuti.

— Impertinenti! sclamò il sagrestano. Ma se si cavassero dal villaggio codesti intriganti cinguettatori....

— Non ci resterebbe più che il sergente Sacco-e-Fuoco, che trova il re eccessivamente clemente nell’accordare ai Napoletani il privilegio di tenersi una testa sulle spalle.

— Sai, nipote, che le tue maniere mi vanno