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cuore col cuore e vi è restato come l’ospite della prima ora. Dire a Bruto: Io t’amo! l’avrebbe stupito, come se gli avessi detto: To’! hai dei capelli neri! se Bruto mi avesse detto: Lena, io t’amo! gli avrei risposto: Bella novità! Si direbbe che vieni ad annunziarmi che l’arcivescovo ha messo ai mondo tre piccoli! Quando ci vedemmo per la prima volta si conoscevamo già da un secolo.

— E Bruto sa tutto codesto, sente anch’egli a questa maniera?

— Se lo sa? Se lo sente? Figuratevi, Maestà, ch’ei non mi aveva mai detto una di quelle parole che si dicono alle fanciulle in simili circostanze e che aveva preparato tutto pel nostro matrimonio, ed era corso da me, accompagnato da mio padre per dirmi: Lena, ecco tuo padre! Andiamo a sposarci! Ora io ho tutto ammanito per le nozze e, dal canto mio, io non gli ho detto ancora: Bruto, ci mariteremo domenica! Altri ci ebbero, Maestà, senza possederci. Bruto ed io non abbiamo scambiato neppur un bacio e noi abbiamo divorato insieme tutte le voluttà dell’amore.

La regina arrossì, il sangue le invase il collo, il viso, la fronte. Ella aveva caldo addosso e chiamò. Ruitz riapparve, ed aprì le finestre.

— Portatemi dei sorbetti, disse la regina.

Mentre Ruitz uscì, la regina andò al suo armadio, aprì alcune cassettine, cercò qualcosa, e ne tirò fuori... un braccialetto. Frugava ancora, quando Ruitz le presentò una guantiera. Sua Maestà prese un bicchiere e guardò.

Era quella bibita deliziosa, color rubino, dall’odore di fior di pesca, che i Napoletani amano tanto.