Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
Lo stupore della giovane fu immenso, sapendo quanto fosse detestata alla Corte.
Ricevette il ciambellano e la lettera.
Sua Maestà, avendo udito parlare del prodigioso successo di lei a Parigi, la invitava a venir a cantare nelle sue stanze, dinanzi a lei ed alle sue figlie, la prossima domenica. Ondina corse al gabinetto dell’ambasciatore per dargli questa notizia e chiedergli consiglio.
— Aspettate per rispondere che la sentenza del tribunale sia conosciuta, disse l’ambasciatore.
— Posso recarmi al tribunale? chiese Ondina.
— Sarebbe imprudenza, rispose l’ambasciatore. Nessuno dell’ambasciata vi va.
Difatti, tutto il corpo diplomatico si trovava al tribunale, eccetto le persone dell’ambasciata di Francia.
Suonano le dieci. I giudici entrano e si assisero nei loro seggi. Ma l’accusato mancava, il presidente non compariva ancora. Scorse un quarto d’ora e tutti si dimandavano cosa ciò significasse, quando entrò un usciere e rimise una lettera al vicepresidente.
Il presidente annunziava che, preso da subita febbre, non poteva assistere al giudizio e rimetteva l’affare ad otto giorni.
Sua Maestà non voleva recedere da ciò ch’ei credeva fosse il suo diritto; ma non avendo ancora nulla deciso sul come tirarsi da quel ginepraio, aveva ordinato che il processo fosse aggiornato.
Un mormorio generale accolse la lettera del